Decreto PA, anche Comuni e Regioni con social media manager

Ne serviranno oltre 16mila

by Financial Day 24
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Con il decreto PA, anche Comuni e Regioni potranno avere social media manager

Ne serviranno oltre 16mila

Con l’entrata in vigore del nuovo decreto PA, approvato nei mesi scorsi e ora in fase attuativa, si apre una stagione inedita per la comunicazione pubblica in Italia. Per la prima volta, anche Comuni e Regioni avranno la possibilità di dotarsi ufficialmente di figure professionali dedicate alla gestione dei social media, riconosciute come parte integrante dell’organico pubblico. Si tratta di un passaggio importante, sia sotto il profilo dell’innovazione amministrativa, sia per le ricadute economiche e occupazionali che questa apertura può generare.

Fino ad oggi, solo alcuni enti pubblici, spesso di grandi dimensioni o particolarmente virtuosi, avevano trovato modi creativi (e talvolta precari) per presidiare i canali digitali. La maggior parte delle amministrazioni locali si affidava a personale interno non specializzato, oppure rinunciava del tutto a presidiare spazi che, invece, sono ormai centrali nella relazione con i cittadini. Ora, invece, il social media manager entra a pieno titolo nella pubblica amministrazione, come figura professionale con compiti specifici, competenze riconosciute e un inquadramento contrattuale coerente.

Secondo le stime del Dipartimento della Funzione Pubblica, saranno necessari oltre 16mila nuovi addetti per coprire le esigenze dei circa 8mila Comuni italiani, delle 20 Regioni, delle Province autonome e di altri enti locali. Si tratta di un fabbisogno imponente, che si traduce in un’opportunità significativa per migliaia di professionisti della comunicazione digitale, in particolare tra i giovani, i freelance e chi già opera nel mondo del marketing o dei contenuti online.

Dal punto di vista economico, questa misura può avere effetti positivi su più livelli. Da un lato, contribuisce alla modernizzazione della macchina amministrativa, migliorando l’efficienza della comunicazione istituzionale e favorendo una maggiore trasparenza. Dall’altro, rappresenta un investimento in capitale umano, con ricadute occupazionali importanti in un settore in costante evoluzione. Le assunzioni, che potranno avvenire sia con concorsi pubblici sia attraverso percorsi di selezione mirati, daranno slancio a un segmento del mercato del lavoro finora spesso lasciato ai margini della PA.

C’è poi un tema di impatto territoriale. L’adozione di figure digitali anche nei piccoli Comuni può contribuire a ridurre il divario tra centri urbani e aree interne, creando un presidio stabile di informazione e dialogo che renda le amministrazioni più accessibili e le comunità più coese. In un momento in cui la sfiducia verso le istituzioni è ancora elevata, rafforzare la capacità comunicativa della PA (e farlo con strumenti e linguaggi contemporanei) è una leva strategica anche per rinsaldare il patto di fiducia tra cittadini e Stato.

Il decreto PA non è solo un provvedimento tecnico, è anche un segnale politico e culturale: riconosce il valore della comunicazione pubblica, promuove nuove professionalità, e apre uno spazio concreto di lavoro e innovazione. Resta ora la sfida dell’attuazione, della qualità delle selezioni e della formazione continua. Ma il primo passo è stato fatto, e potrebbe cambiare radicalmente il volto digitale delle nostre istituzioni locali.

A cura di Dario Lessa
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