Ministeri, bandi per 91mila posti
Tra rinnovo generazionale e spinta sull’intelligenza artificiale
Una delle più imponenti campagne di assunzione nella Pubblica Amministrazione degli ultimi decenni
L’estate 2025 si apre con una notizia che scuote il panorama del lavoro pubblico in Italia: i Ministeri stanno per pubblicare bandi per oltre 91mila posti. Si tratta di una delle più imponenti campagne di assunzione nella Pubblica Amministrazione degli ultimi decenni, non solo per le dimensioni numeriche ma anche per il profilo qualitativo delle figure richieste. Se da un lato l’obiettivo è accelerare il ricambio generazionale, dall’altro emerge con chiarezza un orientamento verso competenze specialistiche, in particolare quelle legate all’intelligenza artificiale e alla digitalizzazione dei servizi pubblici.
L’iniziativa non arriva per caso. La PA italiana soffre da anni un deficit strutturale di personale giovane, tecnologicamente preparato e in grado di affrontare la complessità dei nuovi strumenti digitali. L’età media dei dipendenti pubblici ha superato da tempo i 50 anni, con un turn over frenato per anni da vincoli di spesa, pensionamenti bloccati e lungaggini burocratiche. Ora, complice anche il post-PNRR e i fondi ancora disponibili per la modernizzazione amministrativa, i Ministeri provano a voltare pagina. Il reclutamento massiccio previsto non mira solo a rimpiazzare chi va in pensione, ma a trasformare radicalmente le competenze interne alla macchina statale.
Tra le posizioni in arrivo si annunciano infatti profili innovativi, come analisti di dati, sviluppatori, esperti in machine learning, consulenti per la transizione digitale e figure ibride capaci di coniugare conoscenze giuridiche con abilità informatiche. Un tentativo di rendere la Pubblica Amministrazione non più una roccaforte dell’arretratezza ma un laboratorio di innovazione, capace di reggere la sfida del governo digitale. In questo contesto, il reclutamento di esperti in intelligenza artificiale non è una suggestione futuristica, ma una necessità concreta. I ministeri gestiscono enormi flussi di dati, processi complessi e interazioni costanti con cittadini e imprese: automatizzare, velocizzare e semplificare richiede competenze tecniche avanzate.
Al tempo stesso, i bandi puntano a intercettare anche una fascia più ampia di giovani laureati, non necessariamente già formati sulle tecnologie più sofisticate ma con potenziale di crescita e una maggiore adattabilità ai nuovi strumenti. Il tema della formazione interna diventa dunque centrale. Non basta assumere, bisogna costruire carriere, aggiornare continuamente le competenze, incentivare la mobilità interna e creare un ambiente capace di attrarre e trattenere talento. Perché è noto che la Pubblica Amministrazione italiana, pur garantendo stabilità e tutele, ha storicamente faticato ad apparire appetibile per i profili più dinamici e qualificati.
Dal punto di vista economico, la portata dell’operazione è significativa anche per il suo potenziale impatto sulla domanda interna. Un aumento di assunzioni pubbliche di questa entità potrebbe sostenere il reddito disponibile di decine di migliaia di famiglie, iniettando liquidità in un’economia che ancora alterna slanci di ripresa a segnali di stagnazione. Ma la scommessa è soprattutto strategica: rendere lo Stato un attore più efficiente, più veloce e più in sintonia con le esigenze del Paese reale. In gioco non c’è solo il futuro della PA, ma la capacità del sistema-Italia di affrontare con strumenti adeguati le sfide di una trasformazione digitale già in atto.
In questa prospettiva, i 91mila posti non sono solo una cifra record. Sono un indicatore di come i Ministeri stiano cercando di cambiare pelle, nella consapevolezza che il capitale umano non è più un costo da contenere ma l’unica vera leva di competitività per il settore pubblico.
A cura di Dario Lessa
Leggi anche: Autogrill, 3 euro per l’acqua e 8 euro per un panino
Seguici su Facebook e Instagram!