Pagamenti bloccati e imprese ferme in Italia

Una riflessione approfondita sul nodo dei ritardi nei pagamenti pubblici, sulla mancanza di comunicazione chiara tra istituzioni e aziende e sulle conseguenze devastanti per la crescita economica

by Financial Day 24
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Pagamenti bloccati e imprese ferme in Italia

Una riflessione approfondita sul nodo dei ritardi nei pagamenti pubblici, sulla mancanza di comunicazione chiara tra istituzioni e aziende e sulle conseguenze devastanti per la crescita economica

Un macigno sulla produttività nazionale

In Italia grava da anni un ostacolo enorme sulla capacità di sviluppo delle aziende: i continui ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione. Si tratta di un problema noto, che si percepisce sia attraverso i dati ufficiali sia nella vita quotidiana di chi lavora sul campo.

Le stime più attendibili raccontano che lo Stato Italiano accumula circa cinquanta miliardi di euro di debiti nei confronti delle imprese. Questa cifra colossale deriva in larga parte da cronici ritardi legati ad appalti, forniture o contributi collegati a misure di sostegno e crescita economica. È un vero paradosso: da una parte si chiede agli imprenditori di innovare, investire, assumere personale qualificato; dall’altra li si lascia senza liquidità e senza certezze, rendendo impossibile programmare attività a medio e lungo termine.

La mia esperienza diretta con le istituzioni

Parlo con cognizione di causa, perché ho collaborato per anni con il Ministero dello Sviluppo Economico (oggi MIMIT), con Invitalia e con diverse finanziarie regionali che gestiscono fondi europei. Ho visto da vicino come funziona la macchina pubblica e posso affermare con chiarezza che la lentezza della filiera erogativa frena duramente la produttività, soprattutto delle piccole e medie imprese del Mezzogiorno e di quei comparti più esposti nel settore dei servizi.

Il vero problema, però, non si limita alla classica “burocrazia”, una parola che spesso viene usata per semplificare una questione molto più ampia. L’ostacolo reale è la totale assenza di una comunicazione operativa fluida ed efficace tra le diverse parti coinvolte. Gran parte dei blocchi nasce da processi comunicativi antiquati, disordinati e poco funzionali.

Ancora oggi la gestione di moltissime pratiche avviene tramite scambi via PEC. Spesso questi messaggi si perdono, non vengono letti o rimangono sepolti tra migliaia di email. I sistemi di caricamento o scaricamento documenti, quando esistono, risultano lenti, vecchi e inaffidabili.

La comunicazione assente e il “ti faccio sapere”

Una delle frasi più pronunciate in questo Paese resta: “Ti faccio sapere”. Ogni volta che la sentiamo, prende forma una realtà drammatica. Perché il nodo della comunicazione, della trasparenza e della relazione tra persone e istituzioni rappresenta uno degli ostacoli principali alla produttività.

In questo momento, insieme a decine di altri imprenditori, mi trovo nella condizione frustrante di non poter consultare piattaforme aggiornate che indichino in tempo reale lo stato di avanzamento delle pratiche. Non esiste un sistema trasparente di comunicazione, non ci sono figure preparate per fornire date certe, spiegazioni concrete, indicazioni precise su cosa manca e su cosa bisogna fare.

Il risultato è un caos fatto di telefonate senza fine, rincorse, solleciti, incomprensioni e PEC sovrapposte. Consulenti, imprenditori e funzionari si inseguono senza strumenti adeguati, perdendo fiducia, tempo prezioso e occasioni di crescita.

L’incertezza che frena il futuro

Gli imprenditori vivono questa condizione con timore costante e con l’impossibilità reale di pianificare le attività. L’assenza di risposte precise diventa un macigno sulla gestione aziendale e sulla costruzione di nuovi progetti. È inaccettabile che nel 2025 manchino dashboard pubbliche, sistemi digitali integrati e strumenti di monitoraggio trasparenti.

Il vero problema non è solo il pagamento che arriva in ritardo: è la mancanza di una previsione chiara di quando arriverà. È come camminare nel buio, un rischio insostenibile per chi, come ogni imprenditore, basa la propria attività sulla capacità di programmare.

Il futuro non si costruisce sulle PEC smarrite, ma su processi rapidi, connessioni autentiche e fiducia reciproca. E se davvero non esistono piattaforme adeguate, almeno servirebbe una voce al telefono che risponda con precisione su come, quando, perché e in che tempi una pratica andrà avanti.

Un appello per la trasparenza e la modernità

Il silenzio non è più tollerabile e il “ti faccio sapere” ancor meno. Con questo intervento voglio richiamare l’attenzione pubblica su una questione che non può più restare in secondo piano: la totale mancanza di trasparenza e chiarezza nella comunicazione tra Pubblica Amministrazione e imprese.

Non servono soluzioni futuristiche. Basterebbe un minimo di normalità: piattaforme digitali moderne, cruscotti consultabili in autonomia e personale formato per dare risposte certe. E se questo sembra troppo, almeno un numero telefonico affidabile e un referente capace di spiegare con chiarezza lo stato delle pratiche.

Mi rivolgo agli assessori alle Attività Produttive, ai direttori delle finanziarie regionali, ai dirigenti di Invitalia, ai funzionari del MIMIT: la gestione delle informazioni e la trasparenza non sono questioni marginali. Sono aspetti centrali, perché generano insicurezza, improduttività e, lasciatemelo dire, perfino clientelismo.

Sono stanco, come tanti altri, di dover ricorrere alla telefonata al politico o all’amico di turno per sapere “a che punto è la mia pratica”. Non possiamo accettarlo ancora. Servono equità, trasparenza, modernità. Ogni imprenditore deve poter conoscere con chiarezza e senza scorciatoie la situazione delle proprie opportunità, dei propri fondi e del proprio futuro.

A cura di Nora Taylor
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